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Home » Etica hacker e modello fordista

Etica hacker e modello fordista

Ogni decisione presa nella vita, emerge dai valori e dagli obiettivi personali, che possono variare da individuo a individuo: la fama, il denaro, l’amore, la sopravvivenza, il divertimento e la libertà sono soltanto alcuni degli obiettivi perseguiti da una persona. Quando l’obiettivo è quello di aiutare tanto gli altri quanto se stessi, lo si definisce idealismo.

La mia passione per il software libero è motivata da uno scopo idealistico: diffondere la conoscenza e stimolare la collaborazione; sostituendo il software proprietario che vieta la cooperazione, per contribuire, così, al miglioramento della società.

Esiste una contraddizione fondamentale tra cieca fede nel progresso della tecnologia e la dura realtà caratterizzata dalla lotta per la sopravvivenza, che coinvolge la stragrande maggioranza degli abitanti di questo pianeta. Il progresso dovrebbe facilitare la sopravvivenza, perché avviene il contrario? Se il fine ultimo è fare soldi, si trascura completamente la passione per quello che si fa ogni giorno, e si finisce per smettere di coltivare passioni.

Cosa c’entra tutto questo con gli hacker? Semplice: un hacker è soprattutto un uomo mosso dalla passione per ciò che fa. Non ha una particolare fede ideologica, né disdegna il lavoro che comunque si manifesta nell’economia odierna.

Il fine da raggiungere non è quindi il denaro, bensì rendere il mezzo informatico e la tecnologia digitale, un bene rivolto alla maggioranza delle persone per migliorarne le condizioni di vita e le aspirazioni di benessere. È sentirsi responsabili per le conseguenze a lungo termine della società digitale e aiutare direttamente coloro che rimangono ai margini.

Preoccuparsi, in modo più generale, degli altri è un fine a sé stante e rivela il desiderio di eliminare la logica della lotta per la sopravvivenza, che ispira gran parte delle azioni nelle società capitalistiche.

Il sistema del diritto d’autore è nato e cresciuto con la stampa: una tecnologia per la produzione di massa di copie e si adatta bene a questa tecnologia perché pone restrizioni solo ai produttori di massa di copie. Non riduce la libertà dei lettori di libri. Inoltre, un lettore ordinario, che non possiede una sua tipografia, può copiare i libri solo a mano e pochi lettori sono stati perseguiti per questo. La tecnologia digitale è ovviamente più flessibile della stampa tipografica: l’informazione si può copiare facilmente per condividerla con altri: questo spiega le misure draconiane che vengono oggi usate per far rispettare il diritto d’autore sul software.

Nella ex Unione Sovietica ogni fotocopiatrice aveva una guardia per impedire le copie proibite e le persone erano costrette a copiare le informazioni in segreto. Il motivo per il controllo dell’informazione nell’Unione Sovietica era politico; negli Stati Uniti il motivo è il profitto.

Quello che ci riguarda sono le azioni, non il loro motivo. Ogni tentativo di bloccare la condivisione delle informazioni, quale ne sia il motivo, porta agli stessi metodi e alla stessa severità. I proprietari di software usano vari tipi di argomenti per ottenere il potere di controllare in che modo usiamo l’informazione.

Le conoscenze/competenze dei cosiddetti “hackers” corrispondono a un tipo di sapere difficilmente conservabile perché tende, per sua natura, a invecchiare subito; le tecnologie di rete, tra novità e sperimentazione, mutano velocemente, di conseguenza anche le competenze per usarle, testarle, ripararle e modificarle.

Occorre rivedere di continuo i profili professionali individuali, e spesso la scuola pubblica e la formazione in generale sono carenti e anacronistiche nell’offrire la preparazione adeguata.

La necessità di sapere coinvolge più individui, spingendoli a creare gruppi e a fare comunità, evidenziando come questo sapere-tecnico costituisca un collante sociale. Gli hacker non sono quindi pirati che rubano i dati o inventano infernali virus per rovinare i computer che usiamo tutti i giorni. Spesso queste figure sono confuse con i “cracker”, i quali per l’appunto, si dilettano per diversi motivi, ad acquisire dati illegalmente, creare virus o danneggiare siti in diversi modi. Il lavoro degli hacker ha permesso, piuttosto, la creazione dei calcolatori stessi, dei modem, l’affermazione planetaria di Internet, l’invenzione della realtà virtuale. Si tratta di risultati straordinari, nati da un approccio al lavoro opposto agli schemi “fordisti” che scandiscono l’esistenza quotidiana.

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