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Chi è il “vero” programmatore?

Sulla mailing list dello staff del portale dei consulenti informatici (www.consulenti-ict.it) si sta discutendo in questi giorni sulle categorie che rappresentano gli informatici.

Ho già assistito in passato a questo genere di diatriba, è una fase importante della crescita di qualsiasi comunità di “informatici”. Questa volta mi sembra ci siano tutti i presupposti per superare lo stallo “sul sesso degli angeli”.

Io mi definisco un “sistemista”. Secondo Wikipedia, il sistemista (in informatica) “è un tecnico che si occupa della manutenzione (ma anche della progettazione e dell’aggiornamento) di sistemi informatici. Il ruolo del sistemista è quello di gestire il buon governo dell’hardware e del software affinché essi funzionino in modo corretto, ovvero, affinché le macchine ed i programmi possano erogare il servizio come è stato pensato dal programmatore.”

Già, il “programmatore”… chi è veramente il programmatore?

Per me il programmatore, quello vero, è quella persona, non importa il suo titolo di studio o la sua età o il sesso, che è tutt’uno con la macchina al punto da conoscerla spesso meglio dei suoi stessi progettisti.

Il vero programmatore disprezzerebbe gli strumenti di programmazione come tool grafici o IDE (darebbe letteralmente fuoco alla scatola di Visual Basic di Microsoft, ad esempio…), o linguaggi diversi da assembler o linguaggio macchina.

Il vero programmatore, per converso, disprezzerebbe i programmatori normali che hanno bisogno di linguaggi di programmazione facili da comprendere, di strumenti software facili da usare, di documentazione e di sistemi di controllo degli errori, di copie di backup, di messaggi di errori e warning descrittivi e precisi.

D’accordo, oggi non è sempre possibile pensare al programmatore in questo modo, ma ho trovato molto interessante la pagina che Massimo Iannuzzi (aka MessaGGiero) ha dedicato allo “studio” della figura del programmatore.

Sono pienamente d’accordo, quando delineando i 4 profili “base” del programmatore scrive:

1 – Programmatore comune, impiegato in enti statali. Questa è la fortuna massima che può capitare ad un

programmatore!! Senza offesa per chi veramente lavora nel settore specificato, ma la maggioranza di questi figuri vive una pacchia totale. Spesso non capiscono nulla d’informatica ma si trovano li ,e non si sa per quale Santo, a fare il programmatore esperto dispensando caXXXte a propulsione e programmando a maggio le ferie per giugno del prossimo anno.

Non dico più nulla sulla categoria, per non attirare su di me le loro bestemmie che sicuramente sapranno lanciare in modo accurato. Questa è una categoria che vive sul lavoro dei Programmatori “consulenti” impiegato del filone al punto 4 assoldati nelle varie commesse iperpagate dagli enti pubblici che pur avendo le loro squadre di programmatori (i figuri di cui parliamo) non riescono a portare avanti il lavoro.

Come dargli torto quando più avanti dice:

4 – Programmatore “consulente” impiegato presso un’azienda di consulenze settore privato. Questo è un’altra categoria di poveri diavoli che lavora tante ore per pochi euro. Ed è questa la categoria di cui faccio parte io.

Questa però è una categoria infame, abituata alla sopravvivenza giornaliera nella jungla. Riprendendo un vecchio detto e modificandolo ad hoc direi :”Meglio un morto in casa che un consulente all’ingresso”. I consulenti come me, che lavorano presso il cliente, si ritrovano tra l’incudine e il martello.Da una parte c’è l’azienda “che se ne frega di noi”, dimenticandosi della nostra esistenza, finoa che portiamo soldi. Nel momento in cui, la commessa finisce o magari cambiano gli scenari non certamente perchè il consulente non abbia ottemperato ai suoi obblighi con il massimo dello zelo, anzi il più delle volte sono gli stessi che informano anche d’eventuali mancanze di risorse sui progetti, aprendo la strada ad azioni commerciali, ma perchè la situazione politico-commerciale è per qualche modo mutata, allora diventiamo un problema, un costo insostenibile, non tenendo conto che, fino al giorno prima, portavano soldi freschi.

Da quel momento allora ognuno inizia a pregare il proprio Santo Patrono poiché il proprio postodi lavoro va messo in discussione. Questa categoria è costretta a vivere da sciacallo depredando se possibile le commesse altrui per garantirsi ancora continuità lavorativa. Anche in questo settore la maggioranza delle persone sono impiegate con contratti a termine sottopagati.

La memoria va ad alcuni anni fa, quando ho constatato di persona proprio questo atteggiamento da parte di un mio ex datore di lavoro che si faceva passare per “esperto informatico” solo perché indossava la giacca, la cravatta e appendeva una laurea alla parete…

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