Mentre gli ingegneri dell’informazione, o del terzo settore, lottano (perdendo pure in malo modo – vedasi l’esito del congresso nazionale del CNI a Pescara del 22/24 luglio scorso) con i loro colleghi del primo e secondo settore (civili ed elettrici) per vedersi riconoscere l’utilità del proprio timbro, che al momento non serve nemmeno per annullare i francobolli, si torna a parlare di tariffe.
Mi è capitato di posare l’occhio su di un articolo senza firma intitolato «L’abolizione della tariffa minina, grave danno per gli Ingegneri», pubblicato sull’edizione cartacea de «l’Ingegnere Italiano» n°348 del giugno 2009, il quale ad un certo punto recita così:
Nella costruzione delle case, il progetto è opera di un ingegnere, che deve aver superato un esame di Stato, si assume determinate responsabilità civili e penali. Inoltre ha uno studio, del personale, dei costi e delle incombenze. I minimi tariffari ne garantivano quanto meno la competenza.
Ora, a parte il fatto che un architetto potrebbe avere qualcosa da ridire sul chi progetta cosa, mi pare molto «singolare» associare la competenza di un proifessionista al minimo tariffario della sua categoria… allora noi poveri consulenti informatici, o ingegneri informatici per rimanare in tema, che di «minimi tariffari» ne conosciamo tanti e in tutti i sensi, siamo tutti incompetenti?
Questi signori, che già sono protetti da leggi che gli riservano l’esclusività di poter fare determinati lavori escludendo di fatto tutti coloro che hanno una laurea ma non sono iscritti all’Ordine, mi vogliono far credere che se non ci sono tariffe minime questo mina la loro competenza?
Io credevo che la competenza fosse determinata dallo studio e dal continuo aggiornamento! Conosco informatici che con tariffe quasi nulle (altro che minime) fanno lavori egregi e di altissima qualità e il tutto senza essere protetti dal quel timbro che i miei colleghi civili ed elettrici si tengono ben stretto!
Scusate ma quando ce vo’, ce vo’!
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